OTTURAZIONI METALLICHE: SOSTITUIRLE CON ALTRI MATERIALI HA RAGIONI SOLTANTO ESTETICHE?

Approfondimenti

04/09/2019

Mentre è sempre più raro l’impiego negli studi dentistici italiani delle famose otturazioni metalliche in amalgama, la ricerca mette ormai da tempo a disposizione una serie di materiali che mimano le caratteristiche cromatiche e fisico-meccaniche dei denti naturali. Ma sostituire le otturazioni metalliche già esistenti con altri materiali è una scelta dettata soltanto da motivi estetici?

Per capire bene, dobbiamo fare un piccolo passo indietro e cercare di capire di cosa si compongono le otturazioni: da sempre, quando per varie ragioni ci si è trovati di fronte alla necessità di riempire una cavità in un dente, la scelta del materiale è caduta su quello che avesse le caratteristiche di lunga durata nel tempo, sotto i carichi della masticazione. Ben presto nella storia dell’odontoiatria ci si è orientati sui metalli come riempitivi delle cavità, ed in particolare sull’oro, malleabile, inossidabile e resistente ai carichi. Solo nella prima metà del 1800 è comparsa un’alternativa, l’amalgama d’argento, così denominata perché ottenuta dall’impasto di scaglie d’argento con del mercurio liquido, a temperatura ambiente, quindi con un processo di amalgamazione, e non per fusione come si ottengono le leghe.  Proprio per la presenza di un metallo così tossico come il mercurio, però, questo nuovo materiale ha trovato l’opposizione dei dentisti dell’epoca che per giunta, vedevano quanto aumentassero gli episodi di malessere nei pazienti in cui venivano installate otturazioni in amalgama. Ma l’economicità e la versatilità di utilizzo (in mani quindi anche meno esperte) rispetto all’alternativa aurea hanno decretato il suo successo, eliminando automaticamente e senza colpo ferire gli oppositori, e trovando anche l’approvazione a livello accademico. A rendere tutto più complicato c’è la differenza tra individui nella capacità di eliminazione delle molteplici tossicità con cui entriamo in contatto giornalmente; non solo, alcuni tipi di intossicazione, come quella da metalli pesanti, è più spesso di tipo cronico, quindi tende a dare sintomi più subdoli, difficilmente riconducibili a un’unica causa, perché  sono il risultato di un accumulo e di un progressivo (non improvviso ma tardivo) disturbo di varie funzioni dell’organismo, in particolare quelle neurologiche e immunitarie.

Ma qual è il modo in cui le otturazioni possono liberare mercurio? La bocca ospita la saliva che fa da conduttore, e la presenza anche di una sola otturazione metallica è in grado di generare una

differenza di potenziale (tra due punti di una stessa otturazione o tra più otturazioni nella stessa bocca), un polo positivo e uno negativo, e la migrazione di particelle metalliche dal metallo meno nobile al più nobile. Per questo le superfici metalliche in bocca si caricano di una corrente in modo differente a seconda del materiale di cui sono composte e del grado di ossidazione che hanno raggiunto. L’elettroerosione però non è l’unico modo in cui il mercurio si libera delle otturazioni: si è dimostrato come le fonti di calore, di attrito, sfregamento e corrosione che derivano da cibi, bevande, masticazione, digrignamento e dalle varie attività della bocca in genere, riescano a liberare vapori e particelle di mercurio che vengono inalate e/o ingerite.

E proprio l’inalazione dei vapori di mercurio rappresenta la forma più diretta ed efficiente di penetrazione nel nostro organismo, perché direttamente immesso nel torrente circolatorio a livello polmonare. Principalmente attorno a questo particolare è stato elaborato un protocollo da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, molto preciso e rigoroso, per non liberare vapori di mercurio durante la rimozione delle otturazioni in amalgama, che prevede l’uso da parte dei pazienti di coperture delle superfici cutanee e isolamento del campo operatorio, mentre per gli operatori protezioni e maschere con filtri speciali per il mercurio. Un procedimento simile alle precauzioni adottate da chi rimuove Eternit, visto che l’operatore è sempre il  soggetto  più esposto. La legge inoltre impone dal 2019 l’obbligo per gli studi dentistici di dotarsi di sistemi di aspirazione dei liquidi capaci di trattenere il mercurio per  non scaricarlo nelle fogne come avviene per il resto dell’aspirato.

Solo seguendo queste precauzioni vale la pena sostituire le otturazioni in amalgama; altrimenti, la liberazione di mercurio generata dalla fresa rotante ad alta velocità sarà molto più cospicua e più nociva di quanto possa fare l’otturazione lasciata in bocca nel tempo. 

Buona prassi per il dentista che si dedica alla rimozione protetta dell’amalgama è anche preparare il paziente a livello generale e sistemico perché sia in grado di eliminare la pur minima contaminazione che dovesse verificarsi, ma soprattutto per attivare gli organi emuntori, cioè deputati alla detossificazione. Ciò permette un lavoro corretto e rispettoso, senza ulteriori intossicazioni e sintomi, per i più sensibili. Sì, perché spesso la variabile che fa la differenza è proprio la sensibilità: non tutti coloro che hanno molte otturazioni hanno i sintomi di un’intossicazione, ma a volte anche poche otturazioni possono dare disturbi. La spiegazione sta come detto nella diversa capacità detossificante dei vari individui, che a sua volta può però dipendere da tantissime variabili, genetiche ma soprattutto ambientali.

Il mercurio è stato riconosciuto universalmente nella top 3 degli elementi più tossici non radioattivi, insieme ad arsenico e piombo; la “convenzione di Minamata” impegna gli stati che la sottoscrivono a ridurre sempre più l’uso di amalgama fino a bandirla, mentre l’OMS ha lanciato una campagna per  un’industria “mercury free” entro il 2030. La speranza è che in breve tempo si riesca a ridurre al minimo le fonti di contaminazione di un elemento molto offensivo ma molto sottovalutato.